martedì 20 dicembre 2011

Un Procuratore Generale della Repubblica indagato per diffamazione...

Parmaliana, Cassata a giudizio

Il Procuratore Generale avrebbe avuto un ruolo di ispiratore di un documento anonimo
contro il docente di Chimica suicida. Ma lui ribatte: «Dimostrerò che è tutto falso»


MESSINA. Un numero di fax: è questa la traccia che porterà un Procuratore
generale ad essere giudicato da un giudice di Pace. Due paginette di esposto
corredate di sentenze e articoli di giornale: dieci allegati per mostrare che Adolfo
Parmaliana, il docente di Chimica industriale morto suicida il 2 ottobre del
2008 qualche ora dopo avere elaborato una lettera dʼaccusa al sistema giudiziario
messinese barcellonese, non fosse un modello di coerenza etica e politica. Il plico
fu recapitato nel settembre del 2009 nella buca della posta del settimanale
Centonove, in quella di Giuseppe Lumia, presidente della Commissione antimafia e
del giornalista Alfio Caruso, impegnato in quel periodo a scrivere il libro “Io che da
morto vi parlo” sulla vita e la morte del docente universitario suicida.
Secondo la Procura di Reggio Calabria guidata da Giuseppe Pignatone ispiratore
di quella che è stata inquadrata come diffamazione aggravata da motivi abietti è il
Procuratore generale della Corte dʼappello, Franco Cassata, finito dopo la morte di
Adolfo Parmaliana insieme al sostituto della Procura di Barcellona, Olindo Canali, per
iniziativa di Sonia Alfano, eurodeputato figlia del giornalista Beppe, ucciso lʼ8
gennaio del 1993 a Barcellona e del suo legale Fabio Repici, sul banco degli
imputati morali della morte del docente universitario: il primo, perchè “colluso con il
sistema mafioso massonico barcellonese che Parmaliana aveva invano denunciato”;
il secondo “perchè aveva ingannato per mesi lʼex esponente dei Ds facendo finta di
indagare sulle denunce che presentava con cadenza settimanale”, secondo quanto i
due hanno più volte sostenuto. Gli autori materiali del confezionamento e diffusione
del plico? Ignoti. 
LʼACCUSA. Il magistrato Federico Perrone Capano aveva notato il dossier
anonimo nella vetrinetta dello studio di Palazzo Piacentini del Procuratore
generale in una delle occasioni in cui era venuto a Messina a svolgere attività di
indagine, accolto da Cassata. Sulla pila di carte un post it: “Da spedire”. Ma - secondo
magistrati inquirenti reggini - la prova che Franco Cassata sia responsabile è in una
traccia lasciata su uno dei fogli di una delle sentenze che accompagnavano lʼesposto
(lʼallegato 10). Per la precisione, un numero di fax da cui la sentenza è partita il 14
novembre del 2008 (un anno prima dalla diffusione del plico) rimasto impresso sulla
parte alta del foglio: “090 9799883”. Una breve e facile ricerca ha consentito di
stabilire che il numero corrisponde a quello di una cartoleria di Barcellona Pozzo di
Gotto. Lʼacquisizione dei tabulati telefonici della cartoleria ha permesso di accertare
che in quella giornata di novembre solo un fax era stato spedito. Il numero di
destinazione? 090 770424. Il titolare dellʼutenza telefonica? La Procura generale
di Messina.
LA DIFESA. «Il plico con le carte è arrivato anche alla Procura generale. Per prassi
quando arrivano carte anonime facciamo le copie e le spediamo alla organi competenti ovvero alla Procura. Eʼ per questo che mi ero fatto fare le copie. Alla fine ho deciso di non mandarli a nessuno
perchè non volevo fare eco al contenuto del plico. Ecco perchè quelle carte erano
nella vetrina in bella mostra. Se avessi avuto qualcosa da nascondere non li avrei
certo tenuti lì», ha spiegato il Procuratore generale nel corso dellʼinterrogatorio
tenuto qualche mese fa ai magistrati reggini. Che però non si sono fatti
incantare. Una consulenza tecnica disposta dal pm Capano ha escluso che la
grafia dellʼesposto anonimo sia riconducibile al Procuratore generale,
Cassata è stato rinviato a giudizio saltando lʼudienza preliminare e dovrà comparire
dinanzi al giudice di Pace nel febbraio del 2012.
LA DENUNCIA. Fu Fabio Repici, che in passato ha preso di mira il Procuratore
Franco Cassata, accusandolo di collusioni con la mafia barcellonese e ottenendo
come reazione decine di querele ed atti di citazione con richieste di risarcimento
danni per centinaia di migliaia di euro, a denunciare il tentativo di diffamare la
memoria di Adolfo Parmaliana alla Procura della Repubblica di Reggio Calabria il 4
dicembre del 2009 in un esposto lungo 15 pagine. «Da miei accertamenti empirici il
numero di fax rimasto sul è riconducibile allʼufficio protocollo della Procura guidata
dal 2007 da Franco Cassata, in cui lavora la moglie di Olindo Canali, Franca Ruello,
da tempi antichi notoriamente in eccellenti rapporti con Cassata».

Michele Schinella (Centonove del 9/11/2011)

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