martedì 17 gennaio 2012

Più di due milioni di posti di lavoro nel settore ambientale

Monnezza, più di due milioni di posti di lavoro che non si rifiutano

L'Europa indica la strada: dal riciclo e dalla gestione sapiente della spazzatura possono arrivare oltre due milioni di nuovi posti di lavoro.

La monnezza come fonte di occupazione e non di preoccupazione. Se vogliamo sentirci più europei dobbiamo cogliere al volo le indicazioni che arrivano da un nuovo studio prodotto in sede Ue. Che promette miracoli e non pericoli a chi sarà capace di gestire nella maniera corretta la filiera che porta dalla raccolta dei rifiuti alla differenziazione, passando per l’uso come comburente o fertilizzante, per la produzione di calore ed energia, dei materiali salvati dalla discarica.

In cifre, almeno due milioni di posti di lavoro in tutta Europa, un fatturato annuo di quasi 150 miliardi che possono incrementarsi notevolmente nei prossimi anni, specie nei Paesi dove si è fatto poco sul fronte del riciclo corretto della spazzatura.

Così sembra quasi un paradosso antistorico il fatto che a Napoli la mala gestione dei rifiuti possa produrre un abbassamento drastico della qualità della vita, inquinamento, contaminazione della catena alimentare, incentivazione dei traffici illeciti e delle mafie.

Una sorta di capolavoro al contrario che non ha più alcuna giustificazione o spiegazione, se mai l’avesse avuta. L’export della monnezza via navein Olanda, appena avviato, da la misura di quanto sia malata la situazione campana e quella italiana in genere.

In molti regioni d’Europa il business è già una realtà, solo in Italia non succede nulla o quasi. Napoli non è un isola infelice, il caso di Malagrottaa Roma, i dati che raccontano come siano poche le zone del nostro Paese dove la differenziata è una realtà consolidata mettono in luce il problema in tutta la sua portata. Basti pensare che nella Sicilia dell’ex ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, a Palermo la differenziata è al 7,7%, a Catania al 6,8% e a Messina al 5,3%.

Presentando lo studio il commissario all’Ambiente Janez Potocnik ha sottolineato come oramai «è necessario considerare i rifiuti una risorsa e interrare le risorse in discarica è una politica estremamente deleteria». Nel 2008, dice la Commissione, la gestione e il riciclaggio dei rifiuti in Europa davano lavoro a 2 milioni di persone, per un fatturato di 145 miliardi di euro, pari all’1% del Pil Ue.

C’è ancora spazio per crescere, per Bruxelles nel 2020 si può arrivare a un fatturato annuo di 187 miliardi di euro a 2,4 milioni di posti di lavoro, solo applicando le varie direttive Ue che obbligano gli stati a livello di raccolta, gestione e riciclaggio. L’Italia, che è sotto procedura d’infrazione proprio per violazione delle normative e ancora nel 2005 raggiungeva il record assoluto di conferimento di rifiuti in discarica, 10,8 milioni di tonnellate.

Il caso napoletano poi, nello studio Ue, è diventato paradigmatico di come la monnezza in quel caso – oltre a non generare nuovi posti di lavoro – ne abbia precarizzato o distrutto di già esistenti: nel 2007 ilcrollo del turismo a Napoli è costato 64 milioni di euro; nel 2008 la scoperta di contaminazione da diossina nel latte di bufala ha portato al dimezzamento delle vendite delle mozzarelle – un settore che dà lavoro a 20.000 persone.

La Commissione cita tra le esperienze da usare come modello molte situazioni che riguardano il nord Europa, Svezia, Norvegia, Germania e Olanda in testa. Ma che si tratti di casi imitabili viene dimostrato citando esperienze vicine, a portata di mano. La provincia di Salerno, ad esempio, dove la differenziata è al 71% o quella di Avellino, dove ha raggiunto il 67%.

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