"Avevo sempre pensato e detto che la città dove preferisco
vivere è Roma, seguita da Ferrara e Livorno. Ma non avevo
visto ancora, e conosciuto bene Reggio, Catania, Siracusa.
Non c'è dubbio, non c'è il minimo dubbio che vorrei vivere
qui: vivere e morirci, non di pace, come con Lawrence e
Ravello, ma di gioia."
Pur con degli splendidi scorci e sfilate di strade
di un barocco che pare di carne, delle cattedrali d'una
ricchezza inaudita e quasi indigesta, queste città non sono
belle: sembrano sempre appena ricostruite da un terremoto, da
un maremoto, tutto è provvisorio, cadente, miserabile,
incompleto.
E allora non so dire in cosa consista l'incanto:
dovrei viverci degli anni.
Comunque è chiaro che quello che
si vocifera sul Sud, qui c'è.
Ed è anche molto pericoloso:
come niente qui, potresti riscoprire atteggiamenti alla
D'Annunzio, alla Gide. Non è mica una chiacchiera che qui
profumano zagare e limoni, liquerizia e papiri.
Lascio andare Taormina, che è indubbiamente una cosa d'una
bellezza suprema (ma dove, come a Positano e a Maratea, io
non mi sono trovato così bene): posso però affermare che il
viaggio da Messina a Siracusa può fare impazzire. Lo dico
così, da turista. Approfondendo, conoscendo meglio, non solo
con gli occhi, con le narici, le ragioni di un così
improvviso amore devono risultare ben vere e ben profonde.
Tratto da "La lunga strada di sabbia"
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